La pittura esprime la gioia di vivere; ciò che esiste vive; tutto ciò che vive é bello; tutto ciò che é bello merita di essere dipinto.
Pierre-Auguste Renoir, pittore francese, nacque a Limoges nel 1841 e morì a Cagnes-sur-Mer, in Costa Azzurra, nel 1919.
Nel 1862 entrò alla Scuola di belle arti dove conobbe Monet, Sisley e Bazille, con cui divise in seguito un piccolo studio.
Con loro, che già erano orientati verso una pittura impressionista, si recò spesso a dipingere en plein-air nella foresta di Fontainebleau.
L'amicizia con gli impressionisti portò a una pittura in cui, abolite le ombre, le cose sono plasmate dai colori impregnati di luce: "Il palco" (1872), "La colazione" (1872) e soprattutto il celebre "Moulin de la Galette" (1876) sono gli esempi più indicativi di questa che può considerarsi un'emancipazione del pittore, che nel 1874 partecipò, con sette tele, alla prima mostra degli impressionisti nello studio di Nadar.
Nel corso del viaggio in Italia (1881), sentì nascere la vocazione a una pittura di più alto impegno.
La sua arte si manifestò in una forma più plastica e in una policroma meno vivace, oltre che in un nuovo e quasi esclusivo interesse per la figura umana.
Le opere più rilevanti di questo periodo definito "aigre", sono: "Le bagnanti" (1885), "I ragazzi Bérard a Wargemont" (1884), "Gli ombrelli" (1883), La pastorella.
L'attività si fece intanto frenetica e il riconoscimento da parte del pubblico toccò il culmine con il Salon d'Automne del 1904, che gli dedicò un'intera sala.
Nelle opere dell'ultimo periodo il nudo femminile fu il soggeto preferito per i suoi dipinti.

Dipingere, per Renoir, era molto più di un lavoro: era la sua occupazione preferita, il suo modo per rilassarsi e negli ultimi anni, quando era stanco e malato, divenne la sua unica ragione di vita.
Renoir fu un artista incredibilmente prolifico; nel corso di una carriera durata quasi sessant'anni dipinse circa seimila quadri, una media di due la settimana. La produzione fu particolarmente intensa soprattutto negli ultimi anni di vita. A volte venne addirittura giudicata eccessiva e lui stesso ammise che alcune opere erano, in effetti, mediocri. Semplicemente, egli amava dipingere; per lui era un fatto naturale, come respirare. "Lavoro", diceva, "come se fossi un turacciolo gettato nell'acqua e trascinato via dalla corrente. Lascio che la pittura fluisca in me."
Spesso, nei suoi difficili inizi, quando era a corto di soldi, Renoir non poteva neppure permettersi di acquistare i colori a olio; per questo motivo, durante la sua ricca maturità ne ebbe moltissimi, anche solo per sentirne l'odore. Il piacere che provava nel dipingere era parte della sua gioia di vivere; una gioia di vivere che traspare dai suoi quadri.

Renoir non era interessato ai temi eroici o tragici. Veniva attratto soprattutto dalla gente che beveva, danzava e si divertiva; dalla bellezza della natura, dei fiori, dei bambini e soprattutto dalle donne giovani, belle e prosperose. Egli seppe descrivere bene questa sua attitudine pittorica dicendo: "Per quanto mi riguarda, un quadro dev'essere piacevole, simpatico e allegro, sì allegro! Ci sono talmente tante cose noiose nella nostra vita che non c'è proprio bisogno di crearne altre." Non c'è da stupirsi se fu poco incline alle interpretazioni intellettuali delle opere d'arte. A questo riguardo diceva: "Non ho mai sopportato quel genere di chiacchiere".